“La Regina d’Europa.“
Gli americani son venuti qui convinti di sfondare il mondo perché il brand “Roma” ha un potenziale enorme, ben superiore a tanti altri che tuttora dominano il Merchandising mondiale. Si soffermano addirittura che si può raggiungere lo UTD, Barca e il resto della élite europea tra una decina di anni (ormai quasi raggiunti).
La “Regina D’Europa” è stata la promessa di Di Benedetto. Di fatto, alla base della famosa promessa che tutti si ricordano benissimo, c’era il progetto della “Cantera Giallorossa”, una sorta di scopiazzata al modello Barcellona, che all’epoca vinceva tutto grazie ad una generazione di fenomeni cresciuta in casa propria (Messi, Iniesta, Xavi, Busquets, Pedrito, Sergi Roberto ecc. ). Ma perché la Roma potesse ambire a ciò, serviva una rivoluzione culturale: questa idea visionaria fu lanciata da Franco Baldini, nuovo direttore generale, e messa in atto da un grande talent scout come Sabatini, nominato come DS, pur essendo notoriamente di fede laziale. Dalle parole ai fatti è bastato poco. Al timone della squadra viene ingaggiato Luis Enrique, che alle sue spalle aveva allenato solo il Barcellona B. La Roma si presenterà a fine sessione estiva, davanti ai suoi tifosi, con un numero consistente di giovani romani e romanisti, così come voleva la nuova proprietà. A questi si sommano qualche talento per accendere gli entusiasmi della piazza. Sabatini porta Lamela, Pjanic e Bojan (spacciato per il nuovo Messi). Un mercato che è venuto a costare oltre i 30 milioni.
La Roma, di fatto, sembrava sulla carta la fotocopia del Barcellona, con un 4-3-3 aggressivo e fatto di possesso palla prolungato, ma con la “sottile” differenza di non avere in casa propria – Totti a parte – i campioni blaugrana, ossia elementi in grado di tener palla per almeno 80′ nella metà campo avversaria. Molti di quella nostra rosa (Piris, Kjaer, Heinze, Josè Angel, Stekelenburg) non erano affatto all’altezza e sommati all’imperizia dei giovani della primavera, resero il campionato di una mediocrità scontata sin da subito, con l’eliminazione ai preliminari della Uefa League. Indimenticabile, non appena iniziata la stagione, fu la sostituzione di Okaka al posto di Totti, e da lì a poco arrivò il pareggio degli umili avversari dello Slovan Bratislava, che ci eliminarono sorprendentemente dalla Uefa League, pareggiando 1-1 all’Olimpico.
Nonostante le numerose richieste di tempo perché la squadra cambiasse mentalità, il progetto della Cantera giallorossa crollerà come un castello di sabbia a fine stagione, con le dimissioni di Luis Enrique.
Passare sempre per i giovani e il buon calcio non passò però di moda nella testa degli americani, che per riportare entusiasmo nel nostro ambiente, affidarono ogni speranza a Sabatini che riportò a Trigoria Zeman, fresco di una scalata memorabile del suo Pescara fino alla serie A (valorizzando all’epoca Insigne, Verratti e Immobile). Il boemo ha un trascorso ricordato positivamente nell’era Sensi e gode di una profonda stima perché considerato un eroe per la vicenda doping che vide coinvolta la Juve verso gli anni 2000. Diversi giovani vennero presi, ma di fatto la sostanza non cambierà e con lui la Roma non farà meglio di Luis Enrique: verrà licenziato a metà stagione, a differenza dello spagnolo. Da quel momento la squadra viene affidata al vice, Andrazzoli, il quale porterà miracolosamente la Roma alla finale di Coppa Italia, contro una Lazio non proprio irresistibile, eppure la perse di misura: la “Coppa in faccia” segnerà una delle umiliazioni più brutte della storia giallorossa e sancì la fine di dell’idea rivoluzionaria della “Roma dei giovani romani e romanisti”, con le dimissioni ufficiali di Baldini, che da quel momento in poi lavorerà a Londra a fari spenti, facendo da ponte tra Roma e Boston. Dopo questo tragico fallimento, sarà proprio Pallotta a prendere la presidenza della Roma, mettendo sul banco un budget di una cinquantina di milioni (obbligatori per chi diviene azionista di maggioranza) per ricostruire credibilità e cambiare immediatamente pagina, depennando definitivamente la favola della “cantera giallorossa”, che da un sogno affascinante è finita con l’essere un vero e proprio fallimento. Tutti si sperano che col cambio di proprietà, sarebbero state rose e fiori… e invece…….